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QUINTA PARTE-DUE DI ASSO HIMALAYA

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Brazil Adventure: Chemrey monastery

[14th May 2009] La situazione è questa:
Brasiliana, 36 anni, lunghissimi capelli biondi fino al sedere,
inguainata in un paio di pantaloni da trekking ed in giro per il
Ladakh da sola da tre settimane. Questo per farvi capire il guaio
che ci è presentato all’orizzonte nel mezzo di un bazar. Con un
grande sorriso ci ha chiesto se ci andava di accompagnarla per 45km
con un pullman pubblico a visitare un monastero piuttosto isolato
nella zona a nord est di Leh. Voi, nei nostri panni, cosa avreste
risposto?
Prima ancora che il sole fosse alto mi ritrovo su un pullman
sgangherato in mezzo a sacchi di riso e ridenti facce tibetane
arrostite dal sole. Piano piano il pullman arranca lungo la strada
verso Chemrey e dopo un’ ora di viaggio e mille fermate ci
ritroviamo nel mezzo del nulla ai piedi di una collina sovrastata
da un monastero bellissimo. Marina, Enrico ed Io ci incamminiamo
lungo la strada polverosa salendo la scalinata che porta
all’ingresso del Gompa.
 Il monastero è quasi deserto ed incontriamo solo monaci
felici di ospitare il nostro gruppetto. Enrico si sbizzarrisce con
le sue polaroid e Marina esplora ogni angolo del monastero. Io, da
bravo sherpa, mi ammazzo sotto il peso dell’attrezzatura su per i
gradini. La vista dall’alto valeva la fatica ed il cuore del
monastero è adornato di magnifici disegni dove demoni e santi si
confrontano e  scontrano ( e, secondo me,  in alcuni casi
pure si accoppiano!!)
 Ma il servizio pubblico indiano è piuttosto
“approssimativo” così  alle tre ci lanciamo giù di corsa dalla
collina per piazzarci a quella che sembra una fermata del pullman.
L’ultima corsa dovrebbe passare alle quattro del pomeriggio ma noi,
in attesa dalle tre e mezza, non abbiamo visto passare ancora
nulla. Un monaco ci fa capire di aspettare, prima o poi qualcosa
arriverà. Alle cinque qualcosa compare all’orizzonte. Sembra un
pullman ma c’è qualcosa di sbagliato in quel mezzo: le persone
dovrebbero essere dentro e non appese fuori!!
 Uno sgangherato pulmino ci si presenta davanti gremito in
ogni suo posto con una quantità di gente sul tetto ed aggrappata
alle porte. Marina ride allegra con quel suo modo brasiliano di
fare mentre Enrico recita un “colorito” rosario che
coinvolge tutte le divinità dei panteon conosciuti. Scuoto la
testa, recito una silenziosa “preghierina” anche io ed
isso bagagli su per la scaletta. Una volta in cima cerco posto sul
tetto nel mezzo di una moltitudine di ragazzi in uniforme
scolastica che sghignazzano allegri per l’inaspettata apparizione
dei tre stranieri.
 Il pulmino è da 30 posti ma siamo più di 30 solo su quel
tetto! Allunghiamo a Marina una delle nostre giacche in goretex e
prendiamo il viaggio come viene: il sole è ancora caldo ma  si
alza il vento e comincia afare un po’ freddo là sopra. Metto i
piedi a pEnricoloni lungo la fiancata del pullman, Enrico si piazza
con la macchina fotografica e Marina si mette a far cantare i
ragazzi, come ci riesca non mi è chiaro.
 Non è male quassù, il vento taglia un po’ la pelle del
viso quando arrivano le folate ma non si sta male. Il panorama dei
monti al tramonto è spettacolare, anche se il pullman sembra
volersi ribaltare ad ogni curva alla fine ci si rilassa e ci si
gode la magnifica vista e l’allegria di questa gente.
 Dopo 45km ed un ora e mezza di scossoni e vento su quel
tetto siamo di nuovo a Leh e , tutti assieme, ci si fionda a
mangiare i momo, ravioli tibetani, in trattoria “dalle
zie” himalayane.

Tanti Auguri Cristiana!!

[15th May 2009] Questa mattina, ancora acciaccati per i
45 km in “cabriolet” di ieri, ci siamo alzati presto e ci siamo
diretti nel centro di Leh. Enrico voleva a tutti i costi riuscire
ad ottenere una preghiera buddista da registrare e dedicare a
Cristiana, sua sorella, che ha compiuto gli anni il 13 di questo
mese. Con questo intento ci siamo diretti al monastero di Leh per
parlare con i monaci prima che dessero inizio alle preghiere del
mattino.
 Con nostra grande sorpresa abbiamo trovato il monastero in
piena agitazione: il piazzale straripava di monaci nei loro
caratteristici colori rosso e giallo mentre nel prato dietro stante
erano stati accessi grandi fuochi da campo e diverse donne si
affaccendavano dietro pentoloni e pignatte preparando acqua calda e
focacce.
 La fiumana di monaci non sembrava fermarsi e via via che
passavano le porte del monastero si sistemavano all’interno del
tempio o sulle gradinate circostanti. Unici stranieri in quel fiume
di teste di rasate ci siamo appostati in un lato delle gradinate
aspettando di capire che cosa stesse succedendo.
 Senza alcun preavviso un piccolo gruppo di orchestrali
formato da trombe, flauti e tamburi attacca una specie di marcia
mentre tutti i monaci scattano in piedi con la mani giunte protesi
in un inchino verso di noi. Una marea di monaci rasati che ti fa
l’inchino fa una certa impressione!!
 Ancora mezzo addormentato mi rendo conto che siamo seduti
su un muricciolo a lato della porta principale ed i miei due
neuroni fanno appena in tempo a coordinare una manata ad Enrico ed
un mezzo ringhio: “Oh!! Tirati su!!”.
 Scattiamo in piedi, cappello tra le mani quasi
sull’attenti, appena in tempo per l’ingresso di una piccola parata
di incensi e campanelli tra cui spicca la figura anziana di un
monaco che ha tutta l’aria di essere uno che conta. Solo qualche
minuto dopo scopriremo che quel monaco è il più anziano ed
importante di tutto il Ladakh e che è arrivato a Leh per
presenziare una celebrazione di cinque giorni che coinvolgerà tutti
i monasteri della regione.
 Più di duecento monaci ad attenderlo ed i primi in cui si
imbatte sono Birillo ed Enrico da Asso. Credo sia rimasto stupito
quanto noi!!
 Il “grande monaco” fa il suo ingresso trionfale
all’interno del tempio e la situazione all’esterno torna abbastanza
tranquilla mentre i monaci cominciano a distribuire the e focacce
ai compagni che sono appena giunti nel monastero.
 Enrico, che non è uno che si lascia impressionare,
comincia a scattare polaroid e la cosa sembra divertire parecchio i
monaci che lo lasciano fare sorridenti per nulla disturbati. Uno di
loro, che parlava perfettamente inglese, lo invita ad immortalare i
più anziani ed Enrico si sbizzarrisce impressionando tutti con il
miracolo della fotografia istantanea.
 Enrico si mette a fotografare un gruppetto di monaci
bambini e, dopo lo scatto, li chiama a raccolta affinché soffino
sulla polaroid velocizzandone lo sviluppo. Quella piccola magia
collettiva rapisce completamente i piccoli monaci che soffiano
concentrati e scoppiano in grandi risate quando l’immagine appare.
Enrico, in ginocchio, è letteralmente sommerso da quella giovane
folla distratta dalle grandi celebrazioni che sgomita allegra per
vedere il mago straniero.
 Poi la piccola orchestra suona ancora un’allegra marcia
fino a quando dal cuore del tempio non ci giunge la voce profonda e
ritmata della preghiera che, raccolta da tutti i monaci all’interno
del monastero, risuona vibrante ed intensa. Tutti i presenti si
ricompongono e si calano nella profondità della loro meditazione.
Anche noi ci tiriamo da parte ascoltando stupefatti il suono di
quella preghiera collettiva.
 Alcuni fedeli cominciano a prostrarsi ritmicamente durante
la preghiera che sembra infinita e sempre uguale.  Credo
recitino una specie di rosario ripetendo le stesse preghiere in un
lunghissimo ciclo. Tra un ciclo ed il successivo si rilassano in
grandi sorrisi mangiando e bevendo the. Da quello che ho potuto
capire continueranno in questo modo per altri cinque giorni vivendo
tutti assieme all’interno monastero.
 Eravamo venuti per registrare una preghiera per Cristiana
e siamo finiti al centro della cerimonia d’apertura di uno tra i
più importanti eventi della regione dove le delegazioni di tutti i
monasteri si incontrano nella capitale.



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