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IL MISTERO DEL MANOSCRITTO SEGRETO (3° EPISODIO): IL MISTICISMO NAZISTA

In tutta fretta i due ragazzi presero i rotoli e si incamminarono verso i cavalli che li attendevano all'imbocco del Siq.

Quei rumori misteriosi avevano allarmato e preoccupato soprattutto Carlo. Infatti, anche se era uno dei responsabili dello scavo, non avrebbe dovuto nascondere i manoscritti. Lui, però, non voleva rubarli. Era solo curioso di capire cosa ci fosse scritto e aveva il timore di non riuscire a leggerli se avesse avvisato il responsabile della spedizione, il Signor Otto Werner. Questi era un vecchio aristocratico tedesco amante del mistero e dell'occulto. Aveva ereditato questa passione, per lui ossessione, dal padre, un ex combattente dell'esercito nazista.

Tutti sapevano che in quel tempo Hitler e i suoi fidati si avvalsero anche del misticismo, dell'occultismo, e dell'esoterismo per mandare avanti la loro propaganda e far credere nella superiorità della razza ariana.

In effetti il Fuhrer, e i suoi gerarchi, puntarono alla creazione di una credenza che esaltasse la forza e la potenza del popolo tedesco. Il primo obbiettivo era la consacrazione della razza pura che avrebbe, poi, fondato il Terzo Reich. Fondamenta di questa razza pura era la leggenda di un popolo superiore gli ariani o Iperborei.

LA LEGGENDA DI IPERBOREA




Chi erano questi Iperborei?

La discendenza di una stirpe proveniente dal cielo. I loro discendenti, sacerdoti, si insediarono in Tibet fin dall'alba dei tempi. 

Fu così che vennero organizzate spedizioni e misurazioni antropometriche per avvalorare tale tesi.

Si cercava la terra leggendaria Iperborea, la patria degli iperborei. Anche Erodoto ne parlò.
Egli descrisse la figura di un indovino, taumaturgo e sacerdote di Apollo, Abari o Abaride, forse realmente esistito tra il VII e il VI secolo a.C.

Abari proveniva dalla mitica regione situata all'estremo nord. Qui l'indovino avrebbe appreso e sviluppato le sue doti di guaritore. In seguito divenne sacerdote di Apollo Iperboreo ricevendo dal dio stesso due doni, lo spirito profetico e una freccia d'oro che portava sempre con se. Questa freccia gli permetteva di volare, così Abari vagò per tutta la Grecia guarendo le persone malate senza mai cibarsi.
La leggenda narra di una terra lontanissima situata in una regione a nord. Era un paese perfetto, illuminato dal sole per sei mesi esatti.

Giamblico, filosofo greco antico di origine siriana vissuto tra il 200 e il 330 a.C., riferisce questo nome, nella tavola di pitagorici, ad Abaris. 

Ma non solo loro parlarono di questa mitica terra anche Ecateo di Mileto, Erodoto, Pindaro ed Eschilo.

In epoca più attuale l'astronomo francese Jean Sylvain Bailly, in "Storia dell'astronomia", parla di Iperborea sostenendo che fosse l'origine delle più antiche civiltà.

Helena Blavatsky descrisse in "La dottrina segreta" una storia fantastica dell'umanità, nella quale Iperborea è rappresentata come un continente, non situato in Tibet, bensì in Groenlandia, dove vivevano giganti androgini dalle fattezze mostruose. Questa era la sede della seconda razza dell'umanità.

Dal canto suo Frederich Nietzsche ne "L'Anticristo"scrive: " Iperborei siamo - sappiamo bene di vivere al margine...'ne per mare o per terra troverai il cammino che porta agli iperborei...Oltre il nord, oltre la morte la vita nostra, la felicità nostra".

Egli riferiva a se stesso, e ad una minima parte dei suoi lettori, un numero elitario, queste parole: "appartiene a pochissimi questo libro. Non ne è venuto al mondo neppure uno di questa stirpe, forse... V'è chi nasce postumo..."

Egli si considerava un discendente insieme a pochi altri.

Uno scrittore cileno, Miguel Serrano, appartenente al filone neonazista, asserisce che Iperborea sarebbe stata la prima casa degli ariani. Dopo lo sbarco sulla Terra dalla dimensione del raggio verde, avvenuto grazie ad una fessura cosmica di Venere, la progenie degli ariani si unì con gli uomini bestia, gli autoctoni terrestri, dando vita all'umanità, però, gli iperborei essendosi mischiati con esseri inferiori persero la grazia originale e la loro terra sprofondò in una Terra cava dove, nelle città di Shambha-La e Agartha, si troverebbero uomini-dei di pura discendenza ariana.

Altri hanno identificato Iperborea e la sua leggenda con la terra di Thule.

LA LEGGENDA DI THULE




La prima testimonianza di questa terra è del greco Pitea che salpò da Marsiglia intorno al 330 a.C. per esplorare l'Atlantico del Nord. Nei suoi resoconti, screditati da Strabone geografo dell'antica Grecia vissuto prima del 60 a.C., ma oggi ritenuti validi, descrive un'isola, terra di fuoco e ghiaccio dove il sole non tramonta mai situata a sei giorni di navigazione dall'attuale Regno Unito.

Diogene inserisce il racconto di Pitea nel suo " Le incredibili meraviglie al di là di Tule".

Tolomeo, invece, fornisce coordinate, longitudine e latitudine, dei confini occidentali, meridionali, settentrionali ed orientali di questa terra. Purtroppo, le misure sono troppo approssimative per avere una certezza.

Molti autori hanno identificato la terra di Thule con l'Islanda, le Isole Shetland o le Fær Øer o l'Isola di Saaremaa.
Oggi la più accreditata è quella della Norvegia.

Virgilio parla di Thule come l'ultima terra conosciuta che, con i secoli, è stata traslata in la Terra al di là dei luoghi conosciuti, come indica l'origine del nome Thule da Tular, confine, nella lingua etrusca.

E' un mito che resiste nei tempi come quello di Shangri-La del Tibet. ( Ne ho parlato nel post dove consiglio il libro "Al di là delle cascate").

Nella mitologia ariana si identificava in Thule l'origine della saggezza della razza ariana. Terra popolata da giganti con capelli biondi, occhi azzurri, pelle chiara che nei tempi remoti dominava il mondo. Il loro dominio  e potere si estinse perché questa popolazione si mischiò sessualmente con esseri inferiori, razze subumane e in parte animali.

Il mito thuleano, di un luogo abitato da esseri superiori, si identifica con quello di Iperborea.

Il compositore Franz Schubert intitola un suo lied  Der Konig in Thule

            

Anche Bob Dylan in Desolation Row cita Thule

           


Tradotta da Fabrizio de André nel brano Via della Povertà.


           



Così Luca e Carlo, al galoppo sui loro cavalli, raggiunsero, verso sera Amman distante da Petra circa tre ore.

In albergo, dopo una doccia rilassante, i due amici si ritrovano nella hall  per decidere il da farsi.

La curiosità e l'impazienza aleggiavano nell'aria. Una volta tradotti i testi cosa avrebbero scoperto?
Prima di tutto, però, dovevano capire in che lingua erano stati scritti e poi capire di cosa si trattava.

A cena, nel famoso ristorante Fakhr El-Din,  di fronte ad una pantagruelica tavola ricca di piatti tipici giordani i due non proferirono parola. La fame era, per il momento , il loro pensiero principe.

Il cameriere servì per primo il mezzeh, una serie di antipasti, seguì, poi,  il mensaf dove troneggiava un grande piatto con abbondante riso e carne di agnello condito con pinoli, pistacchi e salsa allo yogurt.

Finito anche il dessert a base di frutta secca, crema di formaggio, miele, acqua di rose e pasta sfoglia e sorseggiato  il caffè, i due amici si incamminarono, discutendo su cosa fare.

Luca ad un certo punto dice a Carlo: " forse è meglio che avvisi il signor Werner. E' semplice, basta che gli dici guardi rientro al più tardi dopo domani in facoltà, decifro i testi, quindi glieli consegno corredati dalle traduzioni. Non credo che possa incavolarsi più di tanto, non ti pare?"

Carlo ci pensa un po' su e poi annuisce.

In effetti lui non è in grado di tradurre i testi gli serve la collaborazione di Laura. Così decide di tornare all'albergo prenotare il volo per Roma e chiamare il tedesco .

Questi  rimane abbastanza scocciato ma comprende, o così sembra al giovane, il bisogno di collaborazione espressa da Carlo.

Si salutano rimanendo d'accordo che al più presto  avrebbe tradotto i rotoli per, poi, inviarli.

La mattina seguente all'alba i due ragazzi arrivano in aeroporto ma si accorgono di essere seguiti o, almeno, pare a loro.

Chi sarà?

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