CAPITOLO SECONDO
LA NONNA
La mia infanzia è trascorsa in compagnia della nonna. Lei viveva in casa con noi. Era conosciuta come una carabiniera: effettivamente, si può dire, che come carattere non era tra i più docili: molto severa, rigorosa ed intransigente. Ricordo che quando mia sorella, di un anno e mezzo più grande, iniziò la scuola elementare, la nonna decise che era arrivato anche per me il tempo di iniziare ad approcciarmi al sapere e così il pomeriggio mi ritrovavo in cucina a scrivere accanto a mia sorella. Non mi piaceva tanto preferivo andare a giocare e, inoltre, non trovavo tanto giusto dover studiare quando non era ancora arrivato il tempo, però alla nonna non interessava, perciò dovevo ubbidire e guai se sgarravo. Era un'abile cuoca, nelle festività natalizie con l'ausilio della tata e della signora di servizio preparava svariati piatti dagli antipasti al dolce. Tra tutte le sue specialità ricordo i tortelli di zucca ed i ravioli. I pranzi natalizi erano pantagruelici e molto tradizionali. Per me, che sin da piccola non sono mai stata tanto interessata al cibo, riuscire a ricordarmi i suoi piatti significa molto, infatti erano proprio buoni. Non andavo tanto d'accordo con lei. Generalmente se finivo in castigo era grazie alla nonna che il più delle volte nei litigi prendeva le difese di mia sorella. Il castigo che più mi sconvolse fu uno in cui mi ritrovai fuori di casa ad attendere il rientro della mamma. Era inverno e di pomeriggio il buio arrivava molto presto. Non ricordo bene il motivo per cui finii in punizione, certo avevo per l'ennesima volta litigato con mia sorella, ma rammento che ero sulle scale di casa impaurita più che mai aspettando con una forte angoscia nel cuore che mamma rientrasse. In casa funzionava così: la nonna difendeva a spada tratta mia sorella, e quando eravamo solo noi tre in casa, mia sorella se ne approfittava; la mamma, invece, difendeva sempre me e in sua presenza, ovviamente per vendicarmi, incolpavo di tutto mia sorella. Volevo che pagasse amaramente i castighi ed i rimproveri costanti della nonna anche per marachelle dove io non avevo alcuna colpa.
Generalmente i miei problemi relazionali con la nonna iniziavano al mattino di buon ora. Preparava sempre la tazza di latte con la cioccolata e dei biscotti. Però c'era un piccolo problemuccio: odiavo con tutta me stessa il latte, sia il suo sapore sia il suo odore. Così ci alzavamo e ci presentavamo in cucina e lì iniziavo a fare i miei capricci mattutini perché mi sedevo di fronte a questa tazza fumante e stavo lì impalata con il cucchiaio in mano sperando o nel buon cuore di mia sorella, spesso infatti lei mangiava il mio cibo così non finivo nei guai, o che la tazza cadesse. Improvvisamente il mio desiderio veniva esaudito e in un batter di ciglio il latte fumante finiva per terra. Le prime volte venivo sculacciata, rimproverata e castigata ma dopo un po' la nonna capì l'antifona e come la tazza cadeva al suolo così velocemente me ne ritrovavo di fronte una nuova fumante e, per me, puzzolente. Mi andava bene quando la mamma era a casa: lei arrivava in cucina e di nascosto, prendeva la mia colazione e la buttava via così ero libera di andare a giocare. Ma le mattina che mamma era già uscita il supplizio si prolungava fino all'ora del pranzo. Quando mia sorella rincasava da scuola ero ancora seduta davanti al latte con le gambe ciondoloni gli occhi pieni di lacrime e il male al sedere per essere stata costretta a trascorrere l'intera mattinata seduta davanti alla mia tortura. A mezzogiorno arrivava la nonna con la Tata sparecchiava la tavola del mattino e apparecchiava quella del pranzo sempre con me lì ferma e seduta. Quando mia sorella si sedeva per il pranzo, finalmente, mi veniva tolta la colazione e mi veniva proposto il piatto della pasta che, ovviamente, non toccavo. Quindi arrivava la carne già pronta a pezzetti, perché ero considerata troppo piccola per usare il coltello, e mi veniva messo in bocca il primo boccone di carne. Qui iniziava la seconda tortura della nonna si sedeva al mio fianco ed iniziava a dirmi "mastica, ingoia, avanti se continui solo a masticare il boccone diventa un bolo asciutto ed insapore e neanche i quintali di acqua ti aiuteranno ad ingoiarlo. Dopo, circa, un'ora era riuscita a farmi mangiare la bistecca. Stanca e snervata andava a riposarsi ed io venivo liberata dalle torture del cibo e lasciata libera di giocare. Purtroppo non sempre me la godevo perché era stata così estenuante la mattinata che finivo con il prendere sonno sul tavolo.
Tolto queste incomprensioni la nonna a volte era anche premurosa, lei, ad esempio era più paziente della mamma per il bagnetto pomeridiano. Alle cinque, infatti veniva riempita la vasca da bagno e dopo mia sorella arrivava il mio turno. Nonna mi aiutava a scavalcare la vasca o mi prendeva in braccio e mi immergeva nell'acqua a temperatura tiepida ed iniziava a lavarmi da capo a piedi. Dopo aver ben riscaldato l'ambiente, aveva il timore che ci raffreddassimo e ci ammalassimo, mi copriva con dei grandi asciugamani e con tantissima tenerezza mi asciugava passando tra un ditino e l'altro dei piedi. Rammento che, generalmente, mi raccomandavo di imparare ad asciugare bene i piedi perché l'umidità mi avrebbe fatto crescere dei funghi. Questa frase mi incuriosiva tantissimo e provavo ad immaginare le mie piccole dita contornate da tanti funghi, tipo i porcini. Mi faceva ridere quel pensiero!
Un altro piccolo problema fra me e la nonna era il fatto che io ero una mancina usavo la mano sinistra per ogni mia azione. Mio Dio! ero la figlia del diavolo e per la nonna questo non era bene perciò iniziò una campagna liberatoria da Satana per ricondurmi sulla retta via. Alla fine è riuscita ad insegnarmi a scrivere con la destra ma a tavola dovette desistere, ancora oggi impugno le posate al contrario, sono rimasta mancina. Non sapendo che per me, come per tutti gli individui, ciò sarebbe stato traumatico usò anche le maniere dure e drastiche così alla fine divenni balbuziente ed in più non riuscivo a scrivere una riga senza fare una marea di pastrocchi.
Il pomeriggio nonna e tata si sedevano a chiacchierare e spesso noi le stavamo ad ascoltare. Lei adorava rammentare la sua infanzia.
Rammento che partiva quasi sempre a raccontare dalla sua infanzia.
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