In questo periodo tutti noi siamo stati informati dai giornali e dai telegiornali che si è riacutizzato il conflitto tra israeliani e palestinesi.
Tornare indietro nella storia per capire come si è creato tale problema è semplice basta cercare nel web comunque se volete, per aver maggiore informazione o districarvi in queste pagine di storia dolorosa, per troppi, ma intricata vi consiglio le seguenti:
I CONFLITTI ARABI-ISRAELIANI Wikipedia, ISRAELE E PALESTINA: LE ORIGINI DEL CONFLITTO MEDIO ORIENATLE di Polisblog news, I MITI DA SFATARE NELLA GUERRA ISRAELO-PALESTINESE di Panorama news, ISRAELE GAZA 10 COSE DA SAPERE PER CERCARE DI COMPRENDERE LA GUERRA, CONFLITTO ISRAELO-PALESTINESE di Leonardo.it, RIASSUNTO DEL CONFLITTO ISRAELO-PALESTINESE di lapolitica semplice.
A brevi linee è da 50 anni che sia palestinesi, sia israeliani non conoscono la pace. Pensate un'intera generazione che ha vissuto sempre in guerra con, alternati periodi di pace. E' pazzesco. Nel 1948 Israele viene riconosciuto Stato indipendente.
la Palestina :
sino al 1914 è parte dell'Impero Ottomano che tiene questa regione in una situazione di povertà a regime feudale. Gli abitanti sono poveri braccianti al servizio dei proprietari terrieri.
Nel 1880 ci vivevano 24 mila ebrei e 150 mila arabi.
Nel 1914 la situazione demografica è composta dalla presenza di 1.240.000 arabi e 553 mila ebrei. Unico centro importante in Palestina è Gerusalemme.
Tra il 1914 e il 1918 la prima guerra mondiale non solo apporta modifiche geografiche in Europa, infatti, in Medio Oriente l'Impero Ottomano muore e così questa terra diviene protettorato franco-inglese.
Queste due potenze per interessi personali attuano un atteggiamento doppiogiochista nel senso che da una parte promettono l'indipendenza agli arabi, in cambio di un appoggio militare nel conflitto mondiale, (1915), ma, contemporaneamente, il Premier britannico Balfour fa la stessa cosa aggiungendo anche la possibilità di creare uno Stato israeliano, (1917).
Intanto Inghilterra e Francia firmano un accordo segreto che spartisce il Medio Oriente in aree di influenza.
Con il trattato di Versailles la Palestina è assegnata alla Gran Bretagna, mentre sia gli arabi sia gli israeliani si attendevano la tanto agognata e desiderata indipendenza che non giunse. Si realizza una spartizione territoriale sempre sotto l'egida britannica. Intanto ci si sta avvicinando alla seconda guerra mondiale. Nel 1939 per paura che truppe tedesche entrino in quell'area, Eden lavora per favorire l'indipendenza di uno Stato che si basi sulla coesistenza etnica. (1939). Nel frattempo, per non inimicarsi il mondo arabo, si decide di limitare l'immigrazione ebraica in Palestina fissandola a 75.000 presenze.
Con le persecuzioni naziste e con la regola di non favorire la migrazione di ebrei verso la Terra, considerata dal popolo israeliano Santa e promessa, si inaspriscono i rapporti tra ebrei ed inglesi al punto che accadono scontri tra terroristi ebraici ed autorità inglesi tacciate di antisionismo. Terminata la seconda guerra mondiale, siamo nel 1947, continuano gli scontri tra queste due popolazioni così la Gran Bretagna, nel mese di maggio, annuncia all'ONU la decisione di ritirarsi. A novembre l'assemblea delle Nazioni Unite propone di dividere la Palestina in due zone, quella del Negev va agli ebrei, perché permette maggiore espansione e capacità di accoglienza di nuovi immigrati e, così, mentre le Nazioni occidentali si schierano a favore di questa opzione, il mondo arabo, Stati come India, Pakistan e Grecia, sono contrari.
Nel 1948 mentre l'Inghilterra abbandona la Palestina, viene proclamato lo Stato d'Israele.
Ma l'indipendenza agli arabi e tutte le promesse fatte a loro? Questa decisione cosa comporta?
Ovviamente, poiché non viene riconosciuto anche uno stato arabo, questi ultimi vivono la scelta occidentale come inopportuna ed anzi razziale ed un esercito di palestinesi, aiutato da truppe arabe provenienti da Nazioni limitrofe, attacca il nuovo Stato dando il via ad un conflitto che, ancora oggi, non ha visto una soluzione. Anzi per queste azioni violente da parte dei palestinesi portano gli israeliani a mettere in atto decisioni forti e del tutto arbitrarie che spesso hanno violato i diritti umani, l'occupazione di terre ne è un esempio. Dal 1956 inizia la tragedia dei territori occupati. Le alture del Golan, la striscia di Gaza e la Cisgiordania sono divenute teatri di violenti scontri dove ogni giorno uomini, donne e bambini muoiono ed i profughi palestinesi, sono a milioni ma in tutte le terre che hanno solcato per trovare riparo, sono stati accolti come miserabili poveri profughi. Questo comportamento non ha fatto altro che aumentare l'odio verso Israele e il volere dei giovani palestinesi di entrare nei gruppi terroristici arabi.
Ora morti ne hanno avuti entrambe le due fazioni, sinceramente, vedere la quantità, anche se ad esempio con la famosa offensiva israeliana del 2008 denominata "piombo fuso" tra i due popoli ci furono 1203 vittime palestinesi di cui 450 i bambini e 5000 feriti contro 13 deceduti israeliani di cui solo 3 erano civili, di persone innocenti che perdono la vita non è edificante e conduce sempre ad una rinnovata escalation di violenza.
In questi giorni si sono riaccesi i conflitti e la morte tra i civili palestinesi è altissima.
Non sta a me dire chi ha ragione, ma di sicuro nessuno con la guerra ottiene nulla se non altre vittime. Ho firmato la petizione di Avaaz per chiedere di intervenire affinché venga posta la parola FINE a questa tragedia che non ha vittoriosi o perdenti ma solo migliaia di vite spezzate.
Si perde la dignità umana, si perde ciò per cui l'uomo ha lavorato e studiato per arrivare ad oggi. A cosa serve cercare metodi per allungare la vira se poi ci permettiamo di avere luoghi del pianeta dove bambini innocenti non riescono ad avere un futuro?
L'uomo che vedete sorridere è Desmond Tutu
Costui è uno dei più grandi attivisti dei diritti umani, premio Nobel per la pace nel 1984.
Molto interessante, per il discorso sui diritti umani, è questa pagina: UNITI PER I DIRITTI UMANI.
Egli si prodigò per mettere la parola fine all'apartheid in Sud Africa. Arcivescovo di Johannesburg nel 1931, pur vivendo in uno Stato altamente razzista si è battuto scrivendo ed organizzando moltissime conferenze per combattere l'apartheid. Era chiamato la voce del popolo che non ha voce, i neri del Sud Africa. Dopo i terribili scontri a Soweto, Tutu diventa grande sostenitore del boicottaggio economico contro il suo stesso Paese. Grazie a questo provvedimento ad un certo punto il governo sudafricano si trovò ad un bivio: era meglio continuare e mantenere questo stile di vita oppure mettere finalmente fine all'apartheid e far terminare l'embargo economico? Scelse la seconda via e così nel 1994 Nelson Mandela è il primo Presidente del Sud Africa. Mandela nomina Tutu presidente del TRC, la Commissione Verità e Perdono.
Oggi è ancora attivo e lavora per portare avanti il suo credo: voler un mondo dove non ci siano divisioni razziali, dove i cittadini del pianeta godano degli stessi diritti.
Ovviamente il conflitto in Medio Oriente è da lui seguito e così scrive una lettera ad un giornale israeliano, un appello e, schierandosi con il milione e 700 mila sostenitori di Avaaz, chiede alle aziende di disinvestire e boicottare l'occupazione israeliana in Palestina. Usando parole di grande amore e speranza chiede al popolo israeliano, che ricordo è l'87% a favore del conflitto, di liberare la loro nazione ma anche i palestinesi da questa terribile guerra. Questo articolo è stato pubblicato solo sul quotidiano israeliano ma è giusto divulgarlo per far comprendere l'importanza di richiedere non forniture di armi o appoggi armati ma la linea proposta da Tutu.
cliccando sul titolo trovate l'originale.
qui di seguito la copia da Avaaz.
"Il mio appello al popolo di Israele: liberate voi stessi liberando la Palestina
L'Arcivescovo Emerito Desmond Tutu, in un articolo in esclusiva per Haaretz, ha lanciato un appello per un boicottaggio globale di Israele, chiedendo con urgenza a israeliani e palestinesi di essere migliori dei loro leader, nel cercare una soluzione sostenibile alla crisi in Terra Santa.
Di Desmond Tutu
14 Agosto 2014 | 21:56Originale pubblicato su http://www.haaretz.com/opinion/1.610687 - Traduzione realizzata dalla Comunità di Avaaz.
Le scorse settimane hanno visto una mobilitazione senza precedenti della società civile di tutto il mondo contro l'ingiustizia e la brutalità della sproporzionata risposta israeliana al lancio di razzi dalla Palestina.
Se si contano tutte le persone che si sono radunate lo scorso fine settimana a Città del Capo, a Washington DC, a New York, a Nuova Delhi, a Londra, a Dublino, a Sidney ed in tutte le altre città del mondo per chiedere giustizia in Israele e Palestina, ci si rende subito conto che si tratta senza dubbio della più grande ondata di protesta di sempre dell'opinione pubblica riguardo ad una singola causa.
Circa venticinque anni fa, ho partecipato a diverse grandi manifestazioni contro l'apartheid. Non avrei mai immaginato che avremmo rivisto manifestazioni tanto numerose, ma sabato scorso a Città del Capo l'affluenza è stata uguale se non addirittura maggiore. C'erano giovani e anziani, musulmani, cristiani, ebrei, indù, buddisti, agnostici, atei, neri, bianchi, rossi e verdi... come ci si aspetterebbe da una nazione viva, tollerante e multiculturale.
Ho chiesto alla gente in piazza di unirsi al mio coro: "Noi ci opponiamo all'ingiustizia dell'occupazione illegale della Palestina. Noi ci opponiamo alle uccisioni indiscriminate a Gaza. Noi ci opponiamo all'indegno trattamento dei palestinesi ai checkpoint e ai posti di blocco. Noi ci opponiamo alla violenza da chiunque sia perpetrata. Ma non ci opponiamo agli ebrei."
Pochi giorni fa, ho chiesto all'Unione Internazionale degli Architetti, che teneva il proprio convegno in Sud Africa, di sospendere Israele dalla qualità di Paese membro.
Ho pregato le sorelle e i fratelli Israeliani presenti alla conferenza di prendere le distanze, sia personalmente che nel loro lavoro, da progetti e infrastrutture usati per perpetuare un'ingiustizia. Infrastrutture come il muro, i terminal di sicurezza, i posti di blocco e gli insediamenti costruiti sui territori Palestinesi occupati.
Ho detto loro: "Quando tornate a casa portate questo messaggio: invertite la marea di violenza e di odio unendovi al movimento nonviolento, per portare giustizia a tutti gli abitanti della regione".
In poche settimane, più di 1 milione e 600mila persone in tutto il mondo hanno aderito alla campagna lanciata da Avaaz chiedendo alle multinazionali che traggono i propri profitti dall'occupazione della Palestina da parte di Israele e/o che sono coinvolte nell'azione di violenza e repressione dei Palestinesi, di ritirarsi da questa attività. La campagna è rivolta nello specifico a ABP (fondi pensionistici olandesi); a Barclays Bank; alla fornitura di sistemi di sicurezza (G4S), alla francese Veolia (trasporti); alla Hewlwtt-Packard (computer) e alla Caterpillar (fornitrice di Bulldozer).
Il mese scorso 17 governi della UE hanno raccomandato ai loro cittadini di astenersi dal fare affari o investimenti negli insediamenti illegali israeliani.
Abbiamo recentemente assistito al ritiro da banche israeliane di decine di milioni di euro da parte del fondo pensione olandese PGGM e al ritiro da G4S della Fondazione Bill e Melinda Gates; e la Chiesa presbiteriana degli Stati Uniti ha ritirato una cifra stimata in 21 milioni dollari da HP, Motorola Solutions e Caterpillar.
Questo movimento sta prendendo piede.
La violenza genera solo violenza ed odio, che generano ancora più violenza e più odio.
Noi sudafricani conosciamo la violenza e l'odio. Conosciamo la pena che comporta l'essere considerati la puzzola del mondo, quando sembra che nessuno ti comprenda o sia minimamente interessato ad ascoltare il tuo punto di vista. È da qui che veniamo.
Ma conosciamo anche bene i benefici che sono derivati dal dialogo tra i nostri leader, quando organizzazioni etichettate come "terroriste" furono reintegrate ed i loro capi, tra cui Nelson Mandela, liberati dalla prigione, dal bando e dall'esilio.
Sappiamo che, quando i nostri leader cominciarono a parlarsi, la logica della violenza che aveva distrutto la nostra società si è dissipata ed è scomparsa. Gli atti di terrorismo iniziati con i negoziati, quali attachi ad una chiesa o ad un pub, furono quasi universalmente condannati ed i partiti responsabili furono snobbati alle elezioni.
L'euforia che seguì il nostro votare assieme per la prima volta non fu solo dei sudafricani neri. Il vero trionfo della riappacificazione fu che tutti si sentirono inclusi. E dopo, quando approvammo una costituzione così tollerante, compassionevole e inclusiva che avrebbe reso orgoglioso anche Dio, tutti ci siamo sentiti librerati.
Certo, avere un gruppo di leader straordinari ha aiutato.
Ma ciò che alla fine costrinse questi leader a sedersi attorno al tavolo delle trattative fu l'insieme di strumenti persuasivi e non violenti messi in pratica per isolare il Sudafrica economicamente, accademicamente, culturalmente e psicologicamente.
A un certo punto - il punto di svolta - il governo di allora si rese conto che preservare l'apartheid aveva un costo superiore ai suoi benefici.
L'interruzione, negli anni '80, degli scambi commerciali con il Sud Africa da parte di aziende multinazionali dotate di coscienza, è stata alla fine una delle azioni chiave che ha messo in ginocchio l'apartheid, senza spargimenti di sangue. Quelle multinazionali avevano compreso che, sostenendo l'economia del Sud Africa, stavano contribuendo al mantenimento di uno status quo ingiusto.
Quelli che continuano a fare affari con Israele, che contribuiscono a sostenere un certo senso di "normalità" nella società Israeliana, stanno arrecando un danno sia agli israeliani che ai palestinesi. Stanno contribuendo a uno stato delle cose profondamente ingiusto.
Quanti contribuiscono al temporaneo isolamento di Israele, dichiarano così che Israeliani e Palestinesi in eguale misura hanno diritto a dignità e pace.
In sostanza, gli eventi accaduti a Gaza nell'ultimo mese circa stanno mettendo alla prova chi crede nel valore degli esseri umani.
È sempre più evidente il fallimento dei politici e dei diplomatici nel fornire risposte e che la responsabilità di negoziare una soluzione sostenibile alla crisi in Terra Santa ricade sulla società civile e sugli stessi abitanti di Israele e Palestina.
Oltre che per le recenti devastazioni a Gaza, tante bellissime persone in tutto il pianeta - compresi molti Israeliani - sono profondamente disturbate dalle quotidiane violazioni della dignità umana e della libertà di movimento cui i Palestinesi sono soggetti a causa dei checkpoint e dei posti di blocco. Inoltre, la politica Israeliana di occupazione illegale e di costruzione di insediamenti cuscinetto in una terra occupata aggrava la difficoltà di raggiungere in futuro un accordo che sia accettabile per tutti.
Lo stato di Israele si sta comportando come se non ci fosse un domani. Il suo popolo non potrà avere la vita tranquilla e sicura che vuole - e a cui ha diritto - finché i suoi leader continueranno a mantenere le condizioni che provocano il conflitto.
Io ho condannato quanti in Palestina sono responsabili dei lanci di missili e razzi contro Israele. Soffiano sulle fiamme dell'odio. Io sono contrario ad ogni manifestazione di violenza.
Ma dobbiamo essere chiari che il popolo palestinese ha ogni diritto di lottare per la sua dignità e libertà. È una lotta che ha il sostegno di molte persone in tutto il mondo.
Nessuno dei problemi creato dagli esseri umani è irrisolvibile, quando gli esseri umani stessi si impegnano a risolverlo con il desiderio sincero di volerlo superare. Nessuna pace è impossibile quando la gente è determinata a raggiungerla.
La Pace richiede che israeliani e palestinesi riconoscano l'essere umano in loro stessi e nell'altro, che riconoscano la reciproca interdipendenza.
Missili, bombe e insulti non sono parte della soluzione. Non esiste una soluzione militare.
È più probabile che la soluzione arrivi dallo strumento nonviolento che abbiamo sviluppato in Sud Africa negli anni '80, per persuadere il governo della necessità di modificare la propria linea politica.
Il motivo per cui questi strumenti - boicottaggio, sanzioni e disinvestimenti - si rivelarono efficaci, sta nel fatto che avevano una massa critica a loro sostegno, sia dentro che fuori dal Paese. Lo stesso tipo di sostegno di cui siamo stati testimoni, nelle utlime settimane, a favore della Palestina.
Il mio appello al popolo di Israele è di guardare oltre il momento, di guardare oltre la rabbia nel sentirsi perennemente sotto assedio, nel vedere un mondo nel quale Israele e Palestina possano coesistere - un mondo nel quale regnino dignità e rispetto reciproci.
Ciò richiede un cambio di prospettiva. Un cambio di mentalità che riconosca come tentare di perpetuare l'attuale status quo equivalga a condannare le generazioni future alla violenza e all'insicurezza. Un cambio di mentalità che ponga fine al considerare ogni legittima critica alle politiche dello Stato come un attacco al Giudaismo. Un cambio di mentalità che cominci in casa e trabocchi fuori di essa, nelle comunità, nelle nazioni e nelle regioni che la Diaspora ha toccato in tutto il mondo. L'unico mondo che abbiamo e condividiamo.
Le persone unite nel perseguimento di una causa giusta sono inarrestabili. Dio non interferisce nelle faccende della gente, ha fiducia nel fatto che noi cresceremo ed impareremo risolvendo le nostre difficoltà e superando le nostre divergenze da soli. Ma Dio non dorme. Le Scritture Ebraiche ci dicono che Dio è schierato dalla parte del debole, dalla parte di chi è senza casa, della vedova, dell'orfano, dalla parte dello straniero che libera gli schiavi nell'esodo verso la Terra Promessa. Fu il profeta Amos che disse che dobbiamo lasciar scorrere la giustizia come un fiume.
La giustizia prevarrà alla fine. L'obiettivo della libertà del popolo palestinese dall'umiliazione e dalle politiche di Israele è una causa giusta. È una causa che lo stesso popolo di Israele dovrebbe sostenere.
Nelson Mandela disse che i Sudafricani non si sarebbero potuti sentire liberi finché anche i Palestinesi non lo fossero stati.
Avrebbe potuto aggiungere che la liberazione della Palestina libererà anche Israele."
Come stanno nel frattempo i bambini di Gaza?
Dal sito LA STAMPA esteri:
A Viterbo raccolta di medicinali nei giorni 16-23-30 Agosto in Piazza del Sacrario dalle 9.00 alle 12.00. Maggiori informazioni qui Newtuscia.
Vi consiglio di andare a leggere la pagina Facebook indicata.
Ricevo anche mail da parte di Medici senza frontiere e assicurano che la striscia di Gaza è un vero inferno.
L'impegno di Avaaz.
link per firmare la petizione: Solo così può finire
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