ASCOLTATE BENE ...E FATE GIRARE PIÙ CHE POTETE
10.03.2015 - Firenze, 3° piano del Tribunale, sez. Lavoro, è in programma l'udienza civile nel procedimento n° 1807/09. Pino Zarrilli, una delle parti in causa, ha già denunciato e ricusato il Giudice in quanto non "terzo", ma il giudice, sebbene ne dia atto, non si astiene dal proseguire a curare il procedimento, il che è contro legge... Ad apertura udienza Pino Zarrilli, in virtù di norme che consentono al cittadino l'arresto di soggetti in flagranza di reato se il o i reati, per l'entità della pena prevista, prevedono l'arresto obbligatorio, la dichiara in arresto. Il Giudice Stefania Carlucci, usando le proprie prerogative di magistrato, ottiene che i Carabinieri, evidentemente da Lei chiamati ma non messi al corrente di tutta la vicenda, arrivino prima della Polizia chiamata da Zarrilli, e, grazie al loro aiuto certamente inconsapevole, si sottrae fraudolentemente all'arresto...
dal blog:casosannino:
Corrotti e truffatori rimangono impuniti; l’inerzia della magistratura.
Italia è ritenuta un paese dove le truffe e i reati contro il patrimonio sono un buon affare, la giustizia non funziona e in molti casi non esiste proprio. Si può tranquillamente affermare che ci sono casi giudiziari dove la magistratura sembra essere andata nel pallone, come vediamo per esempio nel caso dei coniugi Sannino dove la magistratura fiorentina, quella bolognese ed ora anche quella genovese, appaiono impossibilitate o impedite. La Procura di Genova, che aveva svolto l’inchiesta sulla fallimentopoli fiorentina e fatto condannare pesantemente Puliga e la sua banda di colletti bianchi per reati gravissimi, adesso non riesce più a portare avanti le nuove denunce che arrivano, insabbiando, come le altre procure incaricate, le inchieste sui magistrati o che potrebbero portare alla loro indagine.
Quella appena descritta è una situazione lamentata da molte persone. Per archiviare le denunce che arrivano alle procure competenti, i reati vengono iscritti a modello 45 (riguardante fatti non costituenti reato) o a modello 44 (riguardante procedimenti contro ignoti). Con questo tipo di iscrizione è più facile archiviare il procedimento perché pubblico ministero non ha l’obbligo di indagare, anzi il suo potere di indagini in queste condizioni è molto limitato.
Accade però che la gente denuncia fatti precisi e concreti, contro persone specifiche, ma le procure non ne tengono conto e fanno archiviare tutto. Le vittime di questo meccanismo si lamentano dunque perché i requisiti per avviare un procedimento c’erano tutti ma lo stesso il procedimento finisce in nulla di fatto.
Ma perché accade questo? È come se il magistrato non avesse altra via di uscita, pare l’effetto di efficaci pressioni originate da interessi diversi ma molto influenti più che questione di corruzione o favoreggiamento, dal momento voglio dire che non ha alcun senso per la magistratura fare così brutta figura quando potrebbe riconquistare la fiducia e la stima della gente risolvendo gl’innumerevoli casi “bloccati”, casi noti perché risolvibilissimi ma irrisolti che rappresentano solo discredito per l’ordine giudiziario stesso, una situazione questa sulla bocca di tutti tanto che macchia la reputazione delle nostre istituzioni anche all’estero, che vede ogni caso giudiziario trascinarsi per decenni comportando ingiuste sofferenze alle famiglie e inutili costi allo Stato.
Fra i tanti casi segnaliamo quello della sig.ra Francesca Chiumiento di Roma, la cui famiglia, nell’ambito di una vicenda fallimentare fu depredata dalla sua casa nel centro di Roma – un attico signorile con vista sul cupolone di San Pietro (il prestigioso immobile era stato anche la casa di Aldo Fabrizi) –
il violento assalto avvenne per ordine del giudice Chiara Schettini, già delegata ai fallimenti, oggi sospesa dalle funzioni per avere usato una falsa identitàhttp://fallimentareroma.wordpress.com/2009/12/10/usava-falsa-identita-sospeso-magistrato-schettini/
La vicenda della famiglia Chiumiento la trovate sul sitohttp://fallimentareroma.wordpress.com
Segnaliamo anche il caso Costa Blu oggetto la depredazione del patrimonio dei coniugi Saba-Costadi Sardegna –
La Costa Blu S.p.a era una società con sede legale a Roma, con soli due soci, i coniugi Saba-Costa proprietari di due bellissimi alberghi in Sardegna.
Nel 2005, la società dei coniugi Saba Costa, benché non avesse alcun debito, venne dichiarata fallita dallo stesso magistrato del caso Chiumiento, il giudice della sezione fallimentare del Tribunale di Roma Chiara Schettini. La vicenda la trovate sul sitohttp://fallimentareroma.wordpress.com
Ma la depredazione non avviene solo verso patrimoni di una certa importanza, ma anche di case popolari che cittadini hanno cercato di acquistare ma sono stati truffati, come il caso del sig. Bruno Falzea di Grosseto – che pur avendo pagato per comprare la sua casa, si trova da venti anni in causa perché, con espedienti e illegalità di ogni sorta commessi in complicità fra la ditta costruttrice e il Comune di Grossetto, non ha ottenuto il contratto di proprietà. La sua vicenda la trovate sul sitowww.brunofalzea.it
Sono molto diffusi i casi come quelli sopra indicati, famiglie che si sono viste portar via le loro proprietà o altri loro beni ingiustamente, trattasi cioè veri e propri usurpazioni di patrimoni, “legalizzati” perché eseguiti in ambito a procedimenti giudiziari ma nella sostanza illegittimi, persone che lottano e chiedono da decenni giustizia ad una magistratura completamente sorda nei loro confronti, sono cittadini che partecipano ad iniziative come manifestazioni o convegni, si sono rivolti a tutti, magistratura, governo, Presidente della Repubblica, istituzioni, si fanno conoscere attraverso il web perché molto difficile ottenere notorietà tramite i tradizionali mezzi di comunicazione.
Sono cittadini che invocano a gran voce i loro diritti rimasti solo sulla carta, scritti nella Costituzione ma disattesi da chi può renderli effettivi.
Tutte persone rimaste completamente inascoltate dalle istituzioni che, in modo notoriamente ipocrita, fanno tanto vanto della nostra Costituzione mentre agiscono con indifferenza o dispregio verso i cittadini, alcuni dei quali denunciano di essere addirittura perseguitati, una magistratura buona a fare discorsi durante convegni o eventi, ma niente di fatto,
loro massimi rappresentanti tutti gli anni si riuniscono e rendono pubblico il caos che è diventato la giustizia italiana, quanto è alta la corruzione, tanti tanti discorsi, ma nulla di fatto, per cui sono eventi che si riducono a meri incontri si può dire di svago.
Riportiamo di seguito il link di un articolo sulla questione,http://www.ilgiornale.it/interni/i_loro_sbagli_ci_costano_400_milioni_pero_magistrati_non_pagano_mai/30-01-2011/articolo-id=502668-page=0-comments=1
dove si legge che “l’altissimo numero degli esposti di privati cittadini, dice l’alto magistrato, «è la testimonianza più evidente dell’insoddisfazione, largamente diffusa, per il “servizio giustizia”» e il Procuratore Generale osserva che «non si può sempre ovviare con lo strumento disciplinare, concepito dal legislatore come rimedio specifico per reprimere situazioni di grave patologia comportamentale dei magistrati». E infine “La Corte europea di Strasburgo ci ha condannato per 475 casi di ritardi nel pagamento dei risarcimenti: si è passati da quasi 4 milioni di euro del 2002 agli 81 del 2008, di cui ben 36,5 non ancora pagati. Esposito richiama i capi degli uffici giudiziari, chiede controlli maggiori per velocizzare i tempi della giustizia e smaltire l’arretrato che soffoca i tribunali. Ma sono richiami che sentiamo ogni anno e quasi sempre rimangono inascoltati”
Ci appelliamo alla Magistratura, al Governo, al Ministero di Giustizia e ad ogni istituzione competente, affinché siano definiti in condizioni di equità, oltre a quelli summenzionati, i casi giudiziari dei signori: Paolo Balzano di Modena, Nando Borghini di Massa, Giuseppe Piccone di Trapani, Elio Corrado di Firenze, Liliana Palombo di Grosseto, Giulio di Domenico di Grosseto, Paolo Cottini di Milano, Eva Polac di Montecatini, Domenico de Lucca di Udine, Francesco di Lorenzo di Bergamo, Angelo Dimastrodonato di Gorizia, e tutti quei casi di persone che lamentano la situazioni esposta.
Dal blog: Josè Maria Salvador:
Pino Zarrilli, che si trova presso il Tribunale di Firenze 3° piano, presso il Giudice del Lavoro Stefania Carlucci HA DICHIARATO IN ARRESTO IL MAGISTRATO IN FRAGRANZA DI REATO e ha chiamato i Carabinieri.
ATTENZIONE ATTENZIONE: in questo minuti Pino Zarrilli, che si trova presso il Tribunale di Firenze 3° piano, presso il Giudice del Lavoro Stefania Carlucci HA DICHIARATO IN ARRESTO IL MAGISTRATO IN FRAGRANZA DI REATO e ha chiamato i Carabinieri.
ESSENDO UNA ATTIVITA' secondo legge, rilevante ai fini del contrasto alla CRIMINALITA' NEL GIUDIZIARIO si prega chiunque possa prestare assistenza o diffondere la presente notizia/attività presso i media e ovunque sia possibile, affichè la legge di tutti sia applicata anche ai magistrati.
L'attività di Pino Zarrilli, tesa ad assicurare alle Forze dell'Ordine una persona ritenuta in flagranza di reato, che avviene avviene normalmente ad opera di ufficiali e agenti della Polizia Giudiziaria, è conforme al dettato legislativo e costituzionale, secondo quando previsto dalla legge, infatti:
Secondo la legge (art.382 Codice di Procedura Penale), è in stato di flagranza chi viene colto nell'atto di commettere il reato (cosiddetta flagranza propria), o chi, subito dopo averlo commesso, è inseguito dalla polizia, dalla persona offesa o da altre persone, ovvero è sorpreso con cose o tracce dalle quali appaia che egli abbia commesso il reato immediatamente prima (cosiddetta flagranza impropria o quasi flagranza).
Nelle ipotesi di flagranza di reati per i quali è previsto l'arresto obbligatorio da parte della PG (qualche esempio dall'art.380 CPP: delitti contro la personalità dello Stato, delitto di devastazione e saccheggio, delitti contro l'incolumità pubblica, delitto di riduzione in schiavitù previsto, delitto di prostituzione minorile, delitto di iniziative turistiche volte allo sfruttamento della prostituzione minorile, delitto di furto di armi, delitto di rapina e di estorsione, delitti concernenti sostanze stupefacenti o psicotrope, ecc.), e limitatamente ai casi in cui il delitto sia perseguibile d'ufficio, l'art.383 del Codice di Procedura Penale stabilisce che "ogni persona è autorizzata a procedere all'arresto in flagranza", con l'obbligo consequenziale di "senza ritardo consegnare l'arrestato e gli oggetti costituenti il corpo del reato alla polizia giudiziaria, la quale redige il verbale della consegna e ne rilascia copia".
L'istituto costituisce, quindi, una forma di autotutela che il nostro ordinamento penale ha riservato al privato, in considerazione della necessità pratica che impone un'immediata e tempestiva reazione di fronte al perpetrarsi di un grave delitto, oltre che essere l'espressione di una politica legislativa finalizzata a permettere la repressione di fatti illeciti anche attraverso la volontaria collaborazione dei cittadini con le istituzioni.
La facoltà di effettuare l'arresto per il cittadino privato non rappresenta certo una "novità" dell'attuale sistema processualpenalistico (risalente agli anni 1988/89), ed è stato in passato sospettato di essere in contrasto con il 2° comma dell'art.13 della Costituzione il quale, autorizzando la sola "autorità di pubblica sicurezza" ad adottare misure restrittive della libertà personale, parrebbe volersi riferire soltanto agli organi costituiti che impersonano la Pubblica Amministrazione.
La Corte Costituzionale ha, tuttavia, precisato che il privato, quando agisce in presenza dei presupposti previsti dalla norma che gli consente l'arresto in flagranza, acquisisce la veste di organo di polizia, sia pure in via straordinaria e temporanea, e di conseguenza viene a godere, nell'esercizio delle funzioni pubbliche assunte, della stessa speciale posizione giuridica conferita ai soggetti che esercitano poteri di polizia giudiziaria.
Semprechè, sottolinea la Corte, rimanga nei limiti che la norma stessa impone (egli è anche autorizzato a prendere in custodia le cose costituenti il corpo del reato, assumendo così eventualmente anche la qualità di custode di cose sequestrate).
E a questo proposito, opportunamente viene chiarito dalla Giurisprudenza della Corte di Cassazione che, determinante ai fini della legittimità dell'arresto, è la circostanza che la persona arrestata non venga trattenuta, dal privato intervenuto nell'operazione, oltre il tempo strettamente necessario per la consegna agli organi di polizia, in modo da evitare che una misura eccezionale si trasformi in un "sequestro di persona"[9] dell'arrestato.
Inoltre, per concludere e precisare ancora meglio, i privati cittadini possono difendere i beni di loro proprietà e possono inseguire i ladri anche se questi ultimi si sono già "disfatti" degli oggetti rubati e anche se il reato commesso prevede l'arresto facoltativo da parte della polizia giudiziaria.
Questo in sostanza il senso della sentenza n. 37960 della Corte di Cassazione (Sez. II penale), del 24-09-2004):
La Corte dichiarò "inammissibile" il ricorso di un borseggiatore che aveva rubato ad una giovane bolognese il portafogli, di cui però si era liberato subito poiché si era accorto che un passante lo aveva visto.
Nonostante, quindi, la possibilità di recuperare agevolmente il portafogli, il passante aveva inseguito e trattenuto il ladro, successivamente identificato e arrestato.
L'intervento del passante era stato "illegittimo", secondo il borseggiatore, perché "per il furto aggravato non è concessa al comune cittadino la facoltà di arresto".
La Corte ha affermato invece che "il privato, anche in assenza delle condizioni previste dal combinato disposto degli articoli 383 e 380 cpp, e quindi anche se non ha la facoltà di procedere all'arresto in flagranza dell'autore dei reati per i quali è solo previsto l'arresto facoltativo, ha tuttavia il diritto di difendere la sua proprietà e quella dei terzi dagli attacchi dei malfattori; e quindi di inseguire un ladro al fine di recuperare la refurtiva e di consentirne l'identificazione e l'eventuale arresto da parte della polizia giudiziaria".
ESSENDO UNA ATTIVITA' secondo legge, rilevante ai fini del contrasto alla CRIMINALITA' NEL GIUDIZIARIO si prega chiunque possa prestare assistenza o diffondere la presente notizia/attività presso i media e ovunque sia possibile, affichè la legge di tutti sia applicata anche ai magistrati.
L'attività di Pino Zarrilli, tesa ad assicurare alle Forze dell'Ordine una persona ritenuta in flagranza di reato, che avviene avviene normalmente ad opera di ufficiali e agenti della Polizia Giudiziaria, è conforme al dettato legislativo e costituzionale, secondo quando previsto dalla legge, infatti:
Secondo la legge (art.382 Codice di Procedura Penale), è in stato di flagranza chi viene colto nell'atto di commettere il reato (cosiddetta flagranza propria), o chi, subito dopo averlo commesso, è inseguito dalla polizia, dalla persona offesa o da altre persone, ovvero è sorpreso con cose o tracce dalle quali appaia che egli abbia commesso il reato immediatamente prima (cosiddetta flagranza impropria o quasi flagranza).
Nelle ipotesi di flagranza di reati per i quali è previsto l'arresto obbligatorio da parte della PG (qualche esempio dall'art.380 CPP: delitti contro la personalità dello Stato, delitto di devastazione e saccheggio, delitti contro l'incolumità pubblica, delitto di riduzione in schiavitù previsto, delitto di prostituzione minorile, delitto di iniziative turistiche volte allo sfruttamento della prostituzione minorile, delitto di furto di armi, delitto di rapina e di estorsione, delitti concernenti sostanze stupefacenti o psicotrope, ecc.), e limitatamente ai casi in cui il delitto sia perseguibile d'ufficio, l'art.383 del Codice di Procedura Penale stabilisce che "ogni persona è autorizzata a procedere all'arresto in flagranza", con l'obbligo consequenziale di "senza ritardo consegnare l'arrestato e gli oggetti costituenti il corpo del reato alla polizia giudiziaria, la quale redige il verbale della consegna e ne rilascia copia".
L'istituto costituisce, quindi, una forma di autotutela che il nostro ordinamento penale ha riservato al privato, in considerazione della necessità pratica che impone un'immediata e tempestiva reazione di fronte al perpetrarsi di un grave delitto, oltre che essere l'espressione di una politica legislativa finalizzata a permettere la repressione di fatti illeciti anche attraverso la volontaria collaborazione dei cittadini con le istituzioni.
La facoltà di effettuare l'arresto per il cittadino privato non rappresenta certo una "novità" dell'attuale sistema processualpenalistico (risalente agli anni 1988/89), ed è stato in passato sospettato di essere in contrasto con il 2° comma dell'art.13 della Costituzione il quale, autorizzando la sola "autorità di pubblica sicurezza" ad adottare misure restrittive della libertà personale, parrebbe volersi riferire soltanto agli organi costituiti che impersonano la Pubblica Amministrazione.
La Corte Costituzionale ha, tuttavia, precisato che il privato, quando agisce in presenza dei presupposti previsti dalla norma che gli consente l'arresto in flagranza, acquisisce la veste di organo di polizia, sia pure in via straordinaria e temporanea, e di conseguenza viene a godere, nell'esercizio delle funzioni pubbliche assunte, della stessa speciale posizione giuridica conferita ai soggetti che esercitano poteri di polizia giudiziaria.
Semprechè, sottolinea la Corte, rimanga nei limiti che la norma stessa impone (egli è anche autorizzato a prendere in custodia le cose costituenti il corpo del reato, assumendo così eventualmente anche la qualità di custode di cose sequestrate).
E a questo proposito, opportunamente viene chiarito dalla Giurisprudenza della Corte di Cassazione che, determinante ai fini della legittimità dell'arresto, è la circostanza che la persona arrestata non venga trattenuta, dal privato intervenuto nell'operazione, oltre il tempo strettamente necessario per la consegna agli organi di polizia, in modo da evitare che una misura eccezionale si trasformi in un "sequestro di persona"[9] dell'arrestato.
Inoltre, per concludere e precisare ancora meglio, i privati cittadini possono difendere i beni di loro proprietà e possono inseguire i ladri anche se questi ultimi si sono già "disfatti" degli oggetti rubati e anche se il reato commesso prevede l'arresto facoltativo da parte della polizia giudiziaria.
Questo in sostanza il senso della sentenza n. 37960 della Corte di Cassazione (Sez. II penale), del 24-09-2004):
La Corte dichiarò "inammissibile" il ricorso di un borseggiatore che aveva rubato ad una giovane bolognese il portafogli, di cui però si era liberato subito poiché si era accorto che un passante lo aveva visto.
Nonostante, quindi, la possibilità di recuperare agevolmente il portafogli, il passante aveva inseguito e trattenuto il ladro, successivamente identificato e arrestato.
L'intervento del passante era stato "illegittimo", secondo il borseggiatore, perché "per il furto aggravato non è concessa al comune cittadino la facoltà di arresto".
La Corte ha affermato invece che "il privato, anche in assenza delle condizioni previste dal combinato disposto degli articoli 383 e 380 cpp, e quindi anche se non ha la facoltà di procedere all'arresto in flagranza dell'autore dei reati per i quali è solo previsto l'arresto facoltativo, ha tuttavia il diritto di difendere la sua proprietà e quella dei terzi dagli attacchi dei malfattori; e quindi di inseguire un ladro al fine di recuperare la refurtiva e di consentirne l'identificazione e l'eventuale arresto da parte della polizia giudiziaria".
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