Stamane mi sono messa a leggere la spiegazione degli oneri di sistema delle bollette dell'elettricità. Così ora so con precisione che cosa sono e cosa paga l'utente. L'ho fatto perché avendo consumato in due mesi 100 euro di luce compreso il calcolo dell'IVA, alla fine mi sono ritrovata una bolletta di 256 euro, uno sproposito.
Alla fine in parole molto povere si può così riassumere
GLI ITALIANI PAGANO CIÒ CHE ALLE GRANDI AZIENDE VIENE DEFALCATO
Infatti i costi fissi altissimi da pagare anche a consumo zero (135 euro annui a copertura degli oneri di sistema per gli utenti domestici non residenti) e gli oneri di sistema, che producono gettiti miliardari, finiscono per lo più alle grandi aziende multinazionali a beneficio di determinate attività, come la dismissione del nucleare o le rinnovabili.
E’ chiaro che l’accumulo di pesanti oneri verso la parte fissa della fattura penalizza chi ha consumi più bassi (o addirittura nulli). (fonte: bollette in arrivo stangate per gli oneri di sistema)
Esiste nella Costituzione Italiana un articolo, che a mio modesto parere forse non se ne resero conto quando la divulgarono che poteva essere di beneficio per il popolo perché la Carta Costituzionale non salvaguarda il popolo ma lo Stato che è, ripeto per la centesima volta, un'azienda privata che ha asservito il popolo grazie alla frode e alla furbizia e che è collegata ai proprietari delle grandi banche come Federal Reserve e che non è americana o inglese bensì EBREA SIONISTA, che dichiara:
Articolo 53
Tutti sono tenuti a concorrere alle spese pubbliche in ragione della loro capacità contributiva.
Sappiamo tutti che oggi tante persone hanno sempre più problemi economici e che fanno fatica a seguire tutte queste nuove tassazioni che hanno come unico scopo l'impoverimento a tappeto della maggioranza.
Ecco perché sarebbe giusto che chi non riesce per veri problemi economici a soddisfare la richiesta al contributo alle spese pubbliche può esimersi dal partecipare. Inoltre le spese pubbliche dovrebbero riguardare la società tutta e non una parte. Infatti spesso si nota che queste spese definite pubbliche non riguardano il sociale, faccio degli esempi:
Perché la popolazione italiana deve contribuire alle spese per acquistare aerei F35 quando la popolazione e la stessa costituzione aborrisce la guerra? Il popolo non vuole gli F35, eppure abbiamo dovuto sostenere queste spese messe dentro alla spesa pubblica!
Perché dobbiamo partecipare con una spesa giornaliera di 52 milioni di Euro al giorno alle spese militari della NATO?
Secondo voi questi soldi da dove vengono presi? Dalle varie tasse ed oneri che il cittadino paga attraverso le varie bollette e i migliaia di balzelli.
Ecco dunque che deve diventare di primo interesse la questione della rinascita della coscienza del popolo italico attraverso AZIONI DI PROTESTA INTELLIGENTE.
La prima riguarda lo SCIOPERO FISCALE
Non è una novità altri uomini in epoche differenti si avvalsero di questa forma di protesta:
Questa è la forma di disubbidienza civile più consona contro un potere ingiusto.
Molti filosofi hanno discusso della disobbedienza civile, Hume, Hermas, Erich Fromm e anticamente Platone e Socrate.
Si può dire che proprio Socrate è il padre della disobbedienza civile. Egli affermava con certezza ed enfasi che
Non è giusto obbedire a leggi che sono contro la propria coscienza individuale.
Le prime forme di disobbedienza civile le troviamo nel I secolo a. C. quando gli zeloti, residenti in Giudea si rifiutarono di pagare le tasse imposte dall’impero romano.
Abbiamo i primi cristiani, poi, che arrivarono a subire il martirio. Erano dei pacifisti i primi cristiani ma, per ironia della sorte, una volta inseriti nel potere fecero dell’obbedienza la loro arma principale passando così da oppressi ad oppressori. Chi inventò il termine “disobbedienza civile” fu il nordamericano David Thoreau, che nel 1946 venne recluso perché si rifiutò di pagare delle tasse per protestare sia contro la guerra in atto tra Stati Uniti e Messico sia per la politica schiavista dello Stato del Massachusetts.
La disobbedienza civile è una forma di disobbedienza collettiva, pubblica e organizzata nei confronti di una legge che si considera ingiusta.
Essa non si vuole imporre alla società bensì chiede alla base un dibattito che porti alla luce i problemi cercando di trasformare le coscienze così da far attuare un miglioramento della società usando procedimenti civili etici. La disobbedienza civile non vuole né vincere né umiliare l’opponente, cerca comprensione e nuovi rapporti e obbiettivo finale e la riconciliazione e la creazione di nuove forme sociali.
La disobbedienza civile provoca la disobbedienza pubblica a seguire una norma.
Il diritto, come ben sappiamo, è un insieme di regole stabilite per motivi pratici ma è carente della forza morale che obbliga un individuo ad obbedire se è contraria alle convinzioni personali. Prima ho parlato di David Thoreau. E del suo sciopero fiscale.
Egli dichiarò:
Se mille uomini non pagassero quest’anno le tasse, ciò non sarebbe una misura violenta e sanguinaria quanto lo sarebbe pagandole.
Cos’è lo sciopero fiscale:
La resistenza fiscale è un gesto di ribellione e si attua non pagando le tasse allo Stato. Questo gesto è spesso dovuto per una forte opposizione a determinate politiche del governo, sia da un punto di vista sociale, sia economico.
Nella storia ci sono stati tanti che si sono avvalsi della protesta fiscale, i quaccheri, ad esempio e anche alcuni movimenti religiosi.
-Nel 1600, tra il 46 e il 48 i londinesi si rifiutarono di pagare le tasse per opporsi all’occupazione del New Model Army (un esercito britannico organizzato secondo il modello di Oliver Cromwell qui i soldati ricevevano uno stipendio più alto ma poi spesso veniva pagato molto in ritardo addirittura di mesi o anni e in modo forfettario.
-La rivoluzione americana fu causata dalla protesta fiscale dei coloni che non volevano più pagare le tasse alla Gran Bretagna. Il famoso Boston Tea Party. Durante queste proteste nasce il motto No taxation Without Raspresentation, ossia Nessuna tassazione senza rappresentanza.
-Anche dopo l’indipendenza ci furono proteste fiscali ad esempio nel 1781 nel Connecticut dove era prevista un’entrata dal gettito fiscale di 288.233 dollari circa, e a causa della resistenza fiscale le entrate furono solo di 40 mila dollari.
-In Francia vi fu una diffusa protesta fiscale durante la rivoluzione francese nata prima contro la monarchia e seguita nel governo successivo. Sempre qui in Francia nel 1829 , poiché il Parlamento aumentò le tasse, i liberali francesi, tra cui Frederic Bastiat, organizzarono la Breton Association con la quale pubblicizzarono e praticarono lo sciopero fiscale in tutta la Nazione e soprattutto a Parigi.
- Proteste fiscali per dichiarare il rifiuto alla guerra avvennero in tutto il mondo anche durante le due guerre mondiali anche se non è mai stato menzionato.
- Nel 1927 il Committee of the Samoan League organizzò uno sciopero fiscale per manifestare contro la colonizzazione statunitense delle isole Samoa.
- Durante gli anni trenta di nuovo negli Stati Uniti si formarono varie associazioni che attuarono la resistenza fiscale nei confronti del governo e delle sue politiche di tassazione reputate troppo elevate. La più famosa è l’Association of Real Esteit Texpeyers.
- Durante la guerra del Vietnam ci furono molte proteste fiscali
- Nel 1970 sempre per manifestare l’’opposizione al conflitto in Vietnam cinque docenti della Harvard University e nove membri del Massachusetts Instiute of Tecnology, tra i quali i Nobel Salvador Luria , biologo italiano naturalizzato statunitense e George Wald, scienziato famoso per le ricerche sulle forme molecolari delle cellule fotoelettriche della retina, annunciarono il loro sciopero fiscale.
- Anche un senatore democratico si avvalse di questa forma di protesta nel 1972, Philip Hart per dimostrare la sua contrarietà al conflitto in Vietnam.
- Tra il 1988 e il 1989 durante la prima intifada i palestinesi di Beirut Sahour fecero una protesta fiscale contro Israele. Il risultato fu un assedio di 45 giorni.
- Molti hanno sentito parlare della Marcia del sale avvenuta nel 1930 il 5 di aprile in India ideata da Gandhi per manifestare contro la tassa sul sale imposta dal governo britannico a tutti i sudditi indiani. Per duecento miglia gli indiani marciarono con lo scopo di raccogliere una manciata di sale dalle saline rivendicando simbolicamente il possesso di questa risorsa del popolo indiano.
Ma Gandhi attuò anche lo sciopero fiscale per ottenere qualcosa di più importante. Infatti l’indipendenza dell’India avvenne grazie a questo tipo di azione che vide il suo culmine nella marcia del sale.
Anche Martin Luther King appoggiò la resistenza Fiscale.
È vero che in una democrazia il popolo deve contribuire al bene della collettività, ma
-se il governo esercita un’oppressione fiscale tale da rendere schiavi i contribuenti
-se il governo attua politiche ritenute immorali se non , addirittura, criminali
-se il governo è illegittimo
-se il governo è malfunzionante e inefficiente
-se si vive un sentimento di contrarietà verso la natura coercitiva dello Stato
-se manca rappresentanza, la famosa non tassazione senza rappresentanza americana, allora è immorale avvalersi di questa forma di protesta?
Eppure Gandhi ottenne la liberazione della sua Nazione diventandone poi, anche, il presidente. Forse la resistenza fiscale potrebbe essere un’azione non violenta giusta.
Gandhi dichiarava:
Rifiutarsi di pagare le tasse è uno dei metodi più rapidi per sconfiggere un governo
Sciopero fiscale non vuol dire evasione fiscale. Ricordo che nel 2007 per mandare a casa il governo di Romano Prodi i leader dell’opposizione Berlusconi e Bossi minacciarono lo sciopero fiscale. Ancora nel 2011un altro politico della lega rilanciò questa forma di protesta.
Nel 2012 Roberto Fiore Segretario Nazionale di Forza Nuova a proposito dell’IMU dichiarava che poiché le fasce più deboli sarebbero state penalizzate fortemente da questa nuova tassazione unico rimedio sarebbe stato secondo lui, il non pagare .
Sciopero fiscale contro l’IMU articolo del 14 aprile 2012 pubblicato alle ore 8:30 sul sito internet del periodico a tutta destra.
Attualmente nella città di Trieste sono sempre più i cittadini che si stanno avvalendo di questa forma di contestazione.
Potremmo anche chiamarla Sciopero fiscale per sopravvivenza.
Su Google è possibile trovare una tesi di laurea presentata, nell’anno accademico 2015/16, all’università degli studi di Padova al dipartimento di SCIENZE POLITICHE GIURIDICHE E STUDI INTERNAZIONALI, dal titolo L’EVASIONE DELLE IMPOSTE DIRETTE IN ITALIA: UN’ANALISI ECONOMICA per il corso di laurea triennale in diritto e economia e a pag 14 si legge:
1.7 Cause dell’evasione delle imposte dirette in Italia
Evadere le imposte significa infrangere precise norme sia giuridiche che morali.
In qualsiasi situazione in cui dovesse trovarsi un determinato soggetto, il nostro
ordinamento dovrebbe essere in grado di prevederla e di applicarvi una pressione
fiscale adeguata. Tuttavia molte volte l’obbligo giuridico-morale del contribuente
si trova a cozzare contro una imposizione fiscale troppo elevata o addirittura con
la propria capacità contributiva.
1.7.1 Evasione di “necessità”
L’evasione di “necessità”, data la capacità del sistema fiscale di adattarsi grazie ad
una progressività delle imposte personali, non dovrebbe trovare spazio nel nostro
panorama Nazionale. Portando come esempio l’articolo 54 del codice penale:”
Non è punibile chi ha commesso il fatto per esservi stato costretto dalla necessità
di salvare sé o altri dal pericolo attuale di un danno grave alla persona, pericolo da
lui non volontariamente causato, né altrimenti evitabile, sempre che il fatto sia
proporzionato al pericolo”, fa capire che difficilmente potrebbero essere trovati gli
elementi “danno grave” o “né altrimenti evitabile” nel discolpare un evasore
fiscale. Dopotutto, anche se si arrivasse alla conclusione di considerare l’evasione
per “necessità” azione obbligatoria del contribuente per avere il minimo con qui
sostentarsi, uno strumento più idoneo e proporzionato sarebbe di certo l’ accesso
ad aiuti di carattere sociale. Tutto questo ci porta a pensare, che più che
“necessità” di evadere, si possa parlare di una soggettiva valutazione del Tributo
“ingiusto”, che porta a preferire di non vederlo adempiuto, piuttosto che vedere
diminuire il proprio tenore di vita.
Ora sta a ciascuno di noi pensare cosa sia giusto fare e come agire ma una cosa è certa oggi è in atto a mio modesto parere una rivoluzione non delle forme ma del cuore dove nessuno dovrà essere leader ma tutti eroi se si vuole finalmente vivere in una società dove il fondamento primo sia un’esistenza degna di essere vissuta.
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